mercoledì 29 febbraio 2012

riunione dello SNOQ di Pn, per venerdì 2 marzo alle ore 17.00 presso la sede della Cgil in via san Valentino n.30

 www.petizionepubblica.it/PeticaoVer.aspx?pi=P2012N20910


firmate la petizione per la legge 188 contro le dimissioni in bianco, cliccando  sopra  il Link
e fate firmare


Si avvicina l'8 marzo e vi propongo di ricordare questa ricorrenza in
maniera non usuale, riprendendo, ad esempio, l'iniziativa promossa  a
livello nazionale da 188 donne in rappresentanza delle OO.SS.
confederali, dei partiti politici, delle associazioni.
Il titolo dell'iniziativa era " 188 donne per la legge 188" e faceva,
come ovvio, riferimento alla legge meglio conosciuta come legge contro
le dimissioni in bianco. Un problema che tocca anche la nostra provincia
e che si può collegare al tema più generale del lavoro e degli strumenti
a sostegno del lavoro femminile. Possiamo, se siete d'accordo, mettere
in piedi un'iniziativa analoga ad altre realtà territoriali del 23
febbraio e cioè : formazione di una delegazione composita, richiesta di
incontro con il Prefetto, presentazione al Prefetto di un testo sul
tema, comunicato stampa(sono, come ovvio, ben accolte altre idee).
Vale la pena sottolineare come il Ministro Fornero  si sia dichiarata
disponibile ad inserire questo argomento all'interno del provvedimento
sul mercato del lavoro. Occorre, perciò,utilizzare questo tempo per
esercitare tutte le forme di pressione possibili per ottenere il
risultato di ripristinare una legge, quella Prodi per l'appunto, che
rappresenta una legge che tutela la dignità del lavoro.
Vi propongo come data, considerata la ristrettezza dei tempi il giorno 2
marzo alle ore 17.00 presso la sede della Cgil in via san Valentino n.30
a Pordenone. Spero di vedervi tutte/ tutti.
un saluto da

 Carla Franza

domenica 26 febbraio 2012

Petizione 188 FIRME PER LA LEGGE 188 CONTRO LE DIMISSIONI IN BIANCO

www.petizionepubblica.it/PeticaoVer.aspx?pi=P2012N20910

firmate e fate firmare!!!! 



Dimissioni in bianco: ripristinate la 188

di Serena Sorrentino da l’Unità 24 febbraio 2012
Donne di esperienze diverse da tempo si sono alleate per ripristinare uno strumento di contrasto agli abusi e ai ricatti: le cosiddette dimissioni in bianco cioè la lettera che tante lavoratrici e lavoratori si trovano davanti nel momento in cui si dimettono (in)volontariamente e su cui non è apposta alcuna data. Sono costretti a firmarla all’atto dell’assunzione, quando il loro interesse è avere un lavoro, quando sono più fragili e sottoponibili a ricatto. La sequela degli abusi a cui si è sottoposti sotto la minaccia che quella lettera venga usata in qualsiasi momento è infinita. Ma tale situazione non è incontrovertibile nel 2007 infatti una legge molto semplice fu approvata con voto bipartisan stabilendo il principio opposto. La legge 188 prevedeva infatti una procedura relativa all’assunzione di una semplicità disarmante: il modulo col quale si veniva assunti riportava un numero progressivo, tali moduli erano validi per un periodo limitato, per dimettersi occorreva un modulo analogo che ovviamente doveva riportare un numero progressivamente successivo e valido nel periodo relativo alle dimissioni del lavoratore, in questo modo veniva meno l’elemento «ricattatorio». La legge è stata abolita dopo pochi mesi di vigenza come primo atto dell’allora Ministro del Lavoro Sacconi.
La legge 188 era uno straordinaria misura di unificazione del mondo del lavoro sulla base di principi di civiltà del lavoro, infatti la norma era valida ed estesa a tipologie di lavoro precario, riguardava donne e uomini, era uno strumento di affermazione e tutela dei lavoratori migranti. Non era una legge punitiva ma rivolta alla trasparenza e alla regolazione delle procedure di eventuale dimissione. In un momento in cui con troppa scioltezza si discute di flessibilità in uscita il contrasto agli abusi dovrebbe costituire una premessa a qualsiasi ragionamento. Lo stesso Ministro Fornero, incontrato dal comitato 188 donne per la 188, ha sostenuto di voler lavorare in tal senso adducendo tuttavia le difficoltà ad operare per il ripristino della legge 188 sia a ragioni di natura politica che procedurali. Alla base delle ostilità di una parte delle imprese e del governo precedente, infatti, venivano addotte difficoltà di tipo «procedurale» rispetto alle complicazioni derivanti dagli applicativi emanati dall’Inps.
In realtà un monitoraggio dell’effetto di deterrenza per la sola vigenza piuttosto che dell’applicazione effettiva della legge non è stato mai monitorato. La legge è stata abolita senza essere testata effettivamente eppure ha avuto lo stesso un impatto positivo. Dalla sua abolizione le dimissioni sono cresciute nuovamente, sia come certifica l’Istat valutando i dati 08/09 sulle dimissioni di lavoratrici in concomitanza con l’avvento della maternità (800mila) sia come risulta dai dati delle comunicazioni obbligatorie relative a dimissiono di lavoratori precari prima del raggiungimento dei requisiti utili al rinnovo e/o stabilità contrattuale. In un momento in cui il tema della redifinizione delle regole che sovraintendono il mercato del lavoro e’ al centro del dibattito politico i temi di come si riduce la precarietà, di come si contrastano gli abusi, il lavoro nero, le discriminazioni e di come si ridefiniscono tutele per chi il lavoro rischia di perderlo per la crisi o non ce l’ha, dovrebbero caratterizzare l’ambizione comune di voler determinare condizioni di qualità e stabilita’ del lavoro che possano costituire la dimensione qualitativa di un progetto di crescita del paese.
L’attenzione tutta concentrata solo sull’articolo 18, rischia di far aumentare le discriminazioni. Al Parlamento, alla Commissione Lavoro che discute un testo di legge sulle dimissioni in bianco, al governo la nostra richiesta rimane quella di introdurre uno strumento di lotta agli abusi, ai ricatti, alle discriminazioni. Il ripristino dei principi della Legge 188, come dimostra il caso Rai, sono un fattore di cittadinanza sociale per le lavoratrici e lavoratori.

Il Paese scommetta sulle donne

di Roberta Agostini su L’Unità, 26 febbraio 2012
Da tutte le regioni del Sud sono arrivate a Napoli lo scorso fine settimana centinaia di donne – amministratrici parlamentari, sindacaliste, esponenti dell’associazionismo- per discutere intorno ad alcune parole chiave (lavoro, welfare, legalità, democrazia) di nuovo sviluppo e buona politica con l’ambizione di rilanciare una proposta per la ricostruzione, per chiudere definitivamente la stagione del berlusconismo e avviare un ciclo riformatore nel Paese. L’occupazione femminile al Sud è inferiore di 30 punti percentuali agli obiettivi fissati a Lisbona, meno di una su tre lavora. Il tasso di attività femminile si è ridotto, cioè si è prodotto un allontanamento delle donne disponibili a lavorare, soprattutto di quelle con basso titolo di studio. A un’occupazione modesta quasi sempre corrisponde una retribuzione insufficiente a compensare il lavoro domestico a cui si dovrebbe rinunciare per lavorare in un contesto di servizi insufficienti o assenti. Per questo un numero sempre più alto di donne sceglie di restare a casa. La flessibilizzazione del lavoro in atto negli ultimi anni ha dato vita ad un’area estesa di instabilità occupazionale che nel sud è diventata ampia, persistente e diffusa. I nodi centrali che frenano la partecipazione femminile sono di tipo strutturale e sono legati alla domanda di lavoro e alla carente offerta di servizi. Nessuna riforma può eludere questi dati drammatici, che ci dicono che puntare alla crescita vuol dire leggere il Sud come parte di una grande questione nazionale e insieme assumere il punto di vista, le potenzialità ed i problemi delle donne. Non si tratta di problemi di parte – geografici, di genere o anche generazionali – ma di istanze che chiedono di rimodulare complessivamente la strategia e la qualità dello sviluppo, puntando anche sulle infrastrutture immateriali, su una robusta quota di beni comuni, rilanciando la costruzione di un welfare moderno (pensiamo al caso degli asili nido e di quanto sarebbe necessario che questi investimenti uscissero dal patto di stabilità), lavorando sulle condizioni non economiche dello sviluppo, sul terreno dei diritti, della legalità, della sicurezza.
La crisi non è un incidente di percorso, ma il frutto di una impostazione sbagliata, di riforme mancate, degli errori della destra. Serve una strategia complessiva che possa combattere la recessione e rilanciare l’occupazione ripensando a modelli alternativi e differenti di vita e di consumo. Non c’è una bacchetta magica, ma ci possono essere azioni utili a sostenere il lavoro ed il welfare. Le donne hanno pagato il prezzo della crisi e delle politiche della destra e stanno sostenendo i costi del risanamento. Per questo sarebbe importante che il governo affronti il capitolo del lavoro delle donne, a partire dal Mezzogiorno, attraverso la convocazione di un tavolo con le forze sociali, sindacati, enti locali e aprendo una grande discussione politica.
Perché non provare a costruire una vera conferenza nazionale sul lavoro delle donne in grado di andare oltre le analisi e capace di offrire strumenti concreti capaci di aggredire il nodo dell’occupazione?
Noi mettiamo a disposizione le nostre proposte. A noi, alla politica ed ai partiti, spetta il compito di accompagnare, orientare e costruire partecipazione e consenso intorno a questo processo, recuperando innanzitutto credibilità e reagendo così al clima di antipolitica che si è diffuso nel Paese, e che è parte essenziale di quella crisi di sistema che stiamo vivendo. Questo è possibile investendo sul rafforzamento di meccanismi trasparenti di partecipazione e decisione politica, sul processo democratico di selezione e rinnovamento dei gruppi dirigenti, su una politica che ritrovi la sua capacità di rappresentare l’interesse generale del Paese.
Proprio a partire da territori nei quali non è raro che intere amministrazioni siano prive di presenza femminile, diciamo che per rinnovare la politica e la qualità della rappresentanza dobbiamo scommettere sulle donne. 
L’impegno uscito da Napoli è chiaro: che nella legge elettorale di cui si discute siano contenute norme e sanzioni per affermare la presenza femminile, che venga in fretta approvata la legge licenziata dalla Commissione affari costituzionali che contiene la doppia preferenza di genere per i Comuni e che si dia seguito attraverso una legge all’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione che impone che la vita interna dei partiti sia regolata da quel metodo democratico così importante per le donne.
Il metodo democratico richiamato e richiesto dalla nostra carta costituzionale infatti non può che riguardare anche il tema di una presenza paritaria nei partiti e nelle istituzioni. È un traguardo che può essere raggiunto cominciando a fare passi significativi in avanti a partire da regole stringenti e conseguenti sanzioni per chi non candida e non elegge donne nelle assemblee rappresentative e negando il riconoscimento di personalità giuridica a chi non prevede una presenza paritaria nei propri organismi.
Su questi temi continueremo a discutere nelle diverse regioni del mezzogiorno per collegare sempre meglio il lavoro che stiamo facendo alle singole realtà territoriali (vorremmo preparare una prossima tappa di questo viaggio al Nord) favorendo una partecipazione sempre più diffusa.
Vogliamo attraversare questa difficile fase di passaggio e di ricostruzione del Paese segnandola con la nostra forza e il nostro pensiero.

sabato 25 febbraio 2012

A Roma l’Incontro Nazionale dei Comitati del 18 marzo

Aggiorniamo il post già pubblicato, per informare tutte che la riunione sarà a Roma, presso la Sala Lonzi della Casa Internazionale delle Donne.
Non abbiamo ancora definito gli orari, ma in linea di massima l’incontro si svolgerà dalle 10 alle 18.
Se dovete già prenotare per i viaggi, tenetevi larghe sugli orari: il 2 ottobre scorso alcune sono rimaste male per esser dovute andare via a dibattito ancora aperto!
Roma, dopo consultazioni con i comitati locali di Napoli, Firenze e Roma, è alla fine sembrata la soluzione più praticabile.
Siamo già d’accordo con il Comitato di Napoli che lì realizzeremo il prossimo incontro nazionale.
Ringraziamo di cuore tutte quelle che hanno lavorato per garantire la miglior soluzione possibile.

Care tutte,

Chiediamo quindi a tutte voi di incontrarci domenica 18 marzo, in una data che è a metà strada tra il convegno di Bologna e quello di Milano, per discutere tra noi del percorso del movimento e dei necessari assetti organizzativi da individuare.
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Il Comitato Promotore Se Non Ora Quando

Le proposte del Comitato Promotore SNOQ a partiti, sindacati e istituzioni


ROMA 24 FEB – Si è conclusa con l’incontro con il presidente della Camera Gianfranco Fini la prima serie di incontri del Comitato Promotore Se Non Ora Quando per riportare le donne al centro dell’agenda politica.
Rappresentanti del movimento, che il 13 febbraio 2011 ha portato in piazza più di un milione di persone in tutta Italia per esigere dignità e rispetto, ed è tornato a manifestare l’11 dicembre 2011 per dire che il paese non riparte senza le donne, hanno incontrato il leader di Sinistra, Ecologia e Libertà Nichi Vendola. La ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali Elsa Fornero. La segretaria generale della Cgil Susanna Camusso. Il leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro e il presidente della Camera Gianfranco Fini.
Con Vendola si è parlato del tema della rappresentanza femminile in politica, partendo dall’esempio della Giunta regionale pugliese, composta al 50% da donne. Discussa inoltre la possibilità di creare a Barletta un luogo da offrire alle imprese per promuovere l’emersione del lavoro nero favorendo il passaggio alla legalita’ di luoghi come quelli dove sono morte qualche mese fa cinque operaie.
Alla ministra Fornero è stato presentato il movimento e le sue finalità in particolare sui temi del lavoro, della rappresentazione e della rappresentanza politica: è stata inoltre illustrata la proposta di dare alla Rai una mission all’insegna delle donne.
Con Susanna Camusso si è discusso della necessità di ripristinare la legge 188 contro le dimissioni in bianco, di come impegnarsi sul terreno dell’occupazione femminile e di individuare misure efficaci per garantire alle lavoratrici precarie di accedere ai benefici previsti dalla legge, soprattutto in caso di maternità.
Temi ripresi anche nell’incontro con l’on. Di Pietro, insieme alla necessità di avviare una campagna d’informazione contro la violenza sulle donne.
Al presidente della Camera Fini sono stato illustrati alcuni dei temi che sono nell’agenda del movimento, fra cui quello della rappresentanza paritaria fra uomini e donne in politica e delle dimissioni in bianco: Fini si e’ impegnato a seguire personalmente l’iter delle proposte di legge in tal senso che saranno presentate alla Camera.
Nelle prossime settimane sono gia’ in programma gli incontri delle delegazioni con il ministro della Coesione territoriale Fabrizio Barca e il segretario del PD Pierluigi Bersani.

lunedì 20 febbraio 2012

Preferenza di genere, firmano soprattutto gli uomini







Divise nell’appartenenza di partito, unite dalla passione per la politica e da una convinzione: la necessità di aumentare la rappresentanza delle donne in politica. Con questo spirito è partita la raccolta firme per la doppia preferenza di genere, che ieri mattina ha visto in piazzetta Cavour Santina Zannier (del Pdl), Annamaria Poggioli (Pd), Mara Piccin (Lega Nord) e altre donne impegnate in diverse forze politiche. Una raccolta che a Pordenone «ha richiamato soprattutto gli uomini» sottolinea Piccin e che punta a cambiare le regole in consiglio regionale. Obiettivo dell’iniziativa: raccogliere firme, nell’ambito della petizione proposta dalla Commissione per le pari opportunità della Regione Friuli Venezia Giulia, per aumentare la qualità della rappresentanza politica e facilitare al contempo l’accesso delle donne alle cariche politiche. L’idea è di utilizzare una doppia preferenza nella scheda elettorale: un nominativo maschile e uno femminile. Attualmente nel Consiglio regionale sono presenti 59 uomini e 3 donne (la popolazione femminile in Friuli è il 52%). Non va meglio in altri enti: in quello provinciale c’è solo una eletta. «La doppia preferenza – sottolinea Annamaria Poggioli, nella commissione regionale Pari Opportunità di cui è presidente la Zannier – supera le quote rosa e introduce un criterio di equità. L’altra sera io e Santina Zannier abbiamo presentato l’iniziativa all’Università di Udine, nell’ambito del corso donne e politica, e la risposta e l’interesse sono stati davvero notevoli». Alla petizione ha già dato il proprio sostegno la cooperativa pordenonese Itaca che, su 1400 soci lavoratori, è composta per l’80 per cento da donne. (m.mi.)

banchetto per la raccolta firme, doppia preferenza di genere per modifica legge elettorale del f.v.g.



iniziativa delle Pari Opportunità regionali a Pordenone il 18 febbraio 2012