di Mariella Gramaglia su Leggendaria n.100
S
pesso
si è detto che il femminismo è un movimento carsico, ma di rado si è
andate a fondo nella metafora. Un territorio carsico è composto di
roccia friabile, l’acqua può scavare in superficie, oppure addentarsi
nei meandri del terreno. Talvolta un corso di torrente può ricollegarsi
alla superficie, intrecciando acque differenti in un unico letto,
talaltra può separarsi per sempre e seguire una pista imprevedibile,
talvolta può ammorbidire una piccola cima e farsi spazio in una gora
che, forse, una volta o l’altra, si aprirà.
Ormai, a distanza di due anni dall’incredibile esplosione del 13
febbraio 2011 possiamo dire che anche
Senonoraquando ha seguito il
destino carsico da cui avrebbe voluto con tutte le sue forze
preservarsi. Naturalmente essere carsici non vuol dire sparire, come è
avvenuto per alcuni movimenti misti (il movimento viola, i girotondi ed
altri) ma essere a tratti visibili, a tratti invisibili agli occhi
dell’opinione pubblica più vasta, a tratti organizzate, a tratti
“rizomatiche”, come si usava dire negli anni settanta riferendosi a
strutture non gerarchiche e non prevedibili nei loro sviluppi. Tuttavia,
il primo e due giugno scorsi, durante un coordinamento nazionale dei
comitati di Snoq, si è corso davvero il rischio che il movimento
sparisse.
Uno dei documenti organizzativi suggeriva che l’unico elemento di
unione fosse una “piattaforma digitale stabile e condivisa” perché “la
leadership in tal modo deriverà dalla autorevolezza delle idee e delle
azioni, dalla capacità concreta di includere tutte, di creare massa
critica e di lasciare ampi spazi di libertà all’elaborazione”.
L’altro
documento, invece, suggeriva di “superare il vuoto di un rapporto non
codificato fra il comitato promotore e i comitati e di favorire la
democrazia dentro Snoq attraverso regole trasparenti di partecipazione e
la definizione di un patto di reciproca responsabilità , nella
chiarezza dei compiti e dei rispettivi ruoli” .
Allo scopo forniva
alcuni strumenti di governance del movimento: il coordinamento nazionale
dei comitati con una rappresentante per ciascun comitato, l’assemblea
generale, ed eventualmente un esecutivo da eleggere all’interno del
coordinamento.
All’enorme distanza fra i due approcci va aggiunto l’estenuante
logoramento che ha paralizzato per quasi un anno il comitato promotore.
Quest’ultimo infatti si è presentato il primo giugno già scisso in due
tronconi, di cui uno con un nome coniato in vista del coordinamento:
“
Snoq-Libere”, scelto con ogni probabilità per riferirsi allo spettacolo
di Cristina Comencini (“Libere”, appunto) che ha fatto da battistrada
al movimento. Va detto che il gruppo storico si è spaccato in due come
una mela: Cristina Comencini, Serena Sapegno, Francesca Izzo da una
parte; Francesca Comencini, Lunetta Savino e Valeria Fedeli dall’altra,
per citare i nomi più noti. Va aggiunto per onestà (anche se in questa
sede vorrei offrire qualche strumento di riflessione che ne prescinda)
che io ho optato per il secondo gruppo. Anche questo gruppo, dopo pochi
giorni, ha scelto a sua volta un nome:
Snoqfactory. Per sottolineare lo
spirito di laboratorio creativo e l’intenzione di valorizzare le
competenze delle giovani donne nel mondo delle nuove forme di
comunicazione.
Ma, per tornare alla cronaca,
alla fine il buon senso dei comitati
territoriali ha prevalso. Saranno loro ad animare il nuovo coordinamento
nazionale, mentre il comitato promotore sparisce come tale, si
trasforma in due gruppi tematici distinti, accolti su un piede di parità
all’interno del coordinamento nazionale. A settembre la prova del
pudding: entro quel mese, infatti, ci sarà un’assemblea nazionale molto
meno romano-centrica delle precedenti, in cui le città, con le loro
idee e le loro iniziative, saranno protagoniste.
Sarà l’occasione per
capire se Snoq riuscirà a vivere una seconda stagione, più federalista,
più strutturata ed emotivamente più libera dalle tensioni di un comitato
promotore che ha vissuto il successo del 13 febbraio con grande
orgoglio, ma anche con l’incapacità di emanciparsi dal complesso del
“best seller”. Quello che conduce alla disperazione la scrittrice di
successo quando deve affrontare la seconda prova.
Sarà interessante esserci e osservare. E’ possibile che l’iniziale
inclusività di Snoq possa riprendere ossigeno affidata alla
responsabilità di nuove mani. L’unico terreno certo di unità fra le
Snoqqine è che nessuna disprezza o rifiuta il lavoro istituzionale e la
rappresentanza politica. Alcune sono disposte a correre in prima
persona, altre pensano di non averne la vocazione, ma dal punto di vista
dei principi poco conta. Diciamo che il terreno dell’uguaglianza (che
non significa inconsapevolezza della differenza) è stato molto arato:
nessuna è disposta a considerare irrilevante la democrazia paritaria,
quali che siano le posizioni politiche di chi viene eletta. E’ un bel
merito: le molte giunte 50% e 50%, che si susseguono, devono molto
all’effetto alone dei momenti forti di Snoq. Per l’eterogenesi dei fini
possono essere chiamate ad alte responsabilità donne molto lontane dalla
cultura di Snoq, ma questo è connaturato al principio di uguaglianza.
Tutto il resto è un campo aperto di differenze. Provo a metterne in evidenza alcune.
Trasversalità o Autonomia. Una parte della cultura di Snoq è
molto affezionata al concetto di trasversalità che tende a declinare
tenendo conto soprattutto delle presenze e delle alleanze praticabili
nell’arco parlamentare, siano esse di destra, di sinistra o di centro.
Tende insomma a dare un ruolo di primo piano al “primato della
politica”. Un’altra parte tende a preferire il concetto di pluralismo e
di autonomia: in pratica è nella condizione materiale delle donne,
giovani e meno giovani, povere e ricche, madri e non madri, lesbiche e
no, occupate o disoccupate, che si fonda la ricerca e il messaggio
politico. Questo non comporta necessariamente una scelta di sinistra, ma
un metodo induttivo di approccio alla politica. E’ ovvio che questo
metodo rende più sensibili ai problemi sociali.
Nomi e candidature. Una parte ritiene che avanzare formalmente
nomi e candidature per incarichi politici e competizioni elettorali sia
uno snaturamento di Snoq e che occorre ribadire il principio del 50%
solo in termini generali. Altre sono stanche che siano gli uomini a
scegliere le donne e ritengono che, a seconda dei rapporti di forza, è
lecito (a volte opportuno) fare proprie liste, civiche o politiche,
trattare, a viso aperto, con i partiti nomi che convincono, sostenere
quelle che rischiano e si candidano.
Organizzazione o fluidità. Come è evidente dalla cronaca
precedente, alcune ( paradossalmente quelle più distanti dal femminismo)
propendono per una totale fluidità del modello organizzativo, mentre
altre temono l’impermanenza delle strutture fluide e, anche se con molta
prudenza e gradualità, tentano la strada, da molti anni inedita in
Italia, dell’organizzazione.
Voto e regole. Il grande tabù. Grande ostilità a qualsiasi
espressione della democrazia attraverso il voto da parte di Snoq-libere,
atteggiamento prudente, ma non ostile al voto, se necessario, da parte
di Snoqfactory e di molte città. Il problema è definire un organismo
sovrano. Forse il coordinamento nazionale potrà essere considerato tale
Femminismo sì o no. Paiono molto lontani i tempi dello scontro
frontale. Molti comitati locali sono eredi di gruppi femministi o
dialogano con gruppi femministi delle città vicine. Alcuni comportamenti
(non sempre i migliori) del femminismo storico sono stati
interiorizzati quasi inconsciamente. Il
melting pot (crogiolo) fa il suo mestiere e le acque carsiche si mescolano e si separano.
Non resta che aspettare settembre.