giovedì 12 settembre 2013

A ottobre l’assemblea nazionale di SNOQ

A ottobre l’assemblea nazionale di SNOQ

Il movimento SE NON ORA QUANDO, nato dalle piazze il 13 febbraio 2011 e consolidatosi alla fine dell’incontro nazionale di Siena dello stesso anno, è arrivato a una nuova svolta.
Da più di due anni, nei territori di tutta Italia si sta lavorando sui temi cari alle donne e presenti all’interno della agenda politica Snoq (lavoro, salute, rappresentanza, rappresentazione, violenza di genere, welfare, ecc.) e SNOQ è oramai parte della realtà sociale.
Le donne protagoniste di questa pagina importante dell’attività politica e della vita culturale del nostro Paese sono arrivate alla conclusione che è giunto il momento di darsi una nuova struttura, un contenitore di pensiero e di azioni che permetta a tutte di agire quel pluralismo e quella condivisione che sono alla base dei documenti fondativi e che costituiscono il tratto distintivo del movimento.
Il Comitato Promotore che per primo ha dato impulso a Snoq ha lasciato il passo a un nuovo coordinamento nazionale che ha il mandato di organizzare la prima assemblea nazionale di questa nuova fase. Tale coordinamento, composto dalle portavoce dei comitati territoriali e tematici e da due gruppi generati dallo scioglimento del Comitato Promotore, Snoq Factory e Snoq Libere, ha un carattere di funzionalità nei confronti della assemblea nazionale che rimane comunque il momento sovrano nella vita del movimento.
L’assemblea nazionale, prevista per ottobre, servirà a definire temi, campagne, strategie di azione e la riorganizzazione dei comitati, in grado di rispondere a un movimento in crescita, che vuole essere un solido punto di riferimento per tutte le donne.
Per una migliore realizzazione di questo obiettivo, dal primo incontro del Coordinamento è stata allargata la struttura che curerà la comunicazione esterna del movimento e consentirà di mantenere attiva e puntuale la presenza di Snoq sui media e sui social network.
Nonostante il processo di riorganizzazione del movimento non sia facile, le donne hanno dimostrato e stanno dimostrando che assieme, con nuove modalità di confronto basate sulla convergenza e sulla ricerca del consenso, si può arrivare molto lontano.

“SE NON ORA QUANDO” SUL DL SICUREZZA: “NON C’È POSSIBILE SCONFITTA DELLA VIOLENZA DI GENERE SENZA UN AMPIO LAVORO CULTURALE, PREVENTIVO, EDUCATIVO”





Come già sostenuto nella nostra campagna “Mai più complici”  e in tutti gli interventi che i comitati territoriali di “Se Non Ora Quando” hanno portato avanti -  in accordo con il trattato di Istanbul, la convenzione NO MORE, il Rapporto CEDAW e tutta la ricca elaborazione che arriva da anni di lavoro sul campo da parte di operatrici e donne competenti - la soluzione al problema della violenza di genere deve nascere dal riconoscimento che la questione non è emergenziale ma culturale e va cercata in un’ottica di educazione alla differenza di genere, alla prevenzione, alla autodeterminazione della donna.
Il termine “femminicidio” – che il movimento ha contribuito a diffondere – ha una sua cruciale importanza e deve essere adottato dalle istituzioni e dalla società tutta a significare la comprensione e la metabolizzazione del fatto che le donne vengono uccise “in quanto donne” e non per inesistenti questioni “passionali”. In questo senso le conclusioni del processo per l’uccisione di Stefania Noce che introducono per la prima volta nelle motivazioni di una sentenza il termine “femminicidio” e che condannano all’ergastolo in prima istanza l’assassino per premeditazione sono emblematiche della direzione che la giustizia e la applicazione della legge devono prendere nel nostro Paese.
Di fondamentale importanza, inoltre,  è il lavoro che i centri antiviolenza e gli operatori tutti stanno portando avanti perché le donne raggiungano una sempre maggiore consapevolezza e autonomia attraverso  un piano di contrasto alla violenza declinato in ogni possibile forma di “accompagnamento” nel percorso di fuoriuscita dalla violenza stessa.
Questo significa dunque che la presenza dello Stato all’interno della battaglia contro la violenza di genere deve prevedere un robusto intervento di sostegno alla rete dei centri, alle campagne di informazione ed educazione a partire dai giovani e giovanissimi,  a un piano complessivo e generale che comprenda anche un potenziamento delle possibilità occupazionali che rendano le donne maggiormente indipendenti e quindi meno ricattabili.
Esiste una legge, la 154/2001, che prevede già moltissimi interventi a contrasto della violenza domestica e non, integrata dalle successive specifiche contro lo stalking, ma che purtroppo non viene sufficientemente applicata.
Il DL sicurezza, varato ad agosto e contenente norme in materia di violenza contro le donne,   si inserisce certamente in un momento in cui il femminicidio, per i moltissimi casi che purtroppo si registrano quasi quotidianamente e per l’attenzione diversa che anche  i media vi riservano,  comincia ad essere percepito anche dall’opinione pubblica come espressione di una violenza tutta maschile perpetrata contro le donne.  In questo senso riteniamo che il DL  abbia, quindi,  il merito di richiamare all’attenzione della politica e del Paese tutto il problema della violenza e ci auguriamo possa fornire reali strumenti per  un’ applicazione più rigorosa della  la legge 154/2001.
Nondimeno nel DL sono contenuti alcuni elementi che ci preoccupano e che riteniamo presentino forti criticità:
*        non c’è un impegno concreto a investire in percorsi educativi e formazione;
*        non si prevedono finanziamenti ai centri antiviolenza e alle reti di supporto alle donne;
*        non si parla di centri di ascolto o percorsi formativi per gli uomini maltrattanti.
Entrando poi  nel merito di alcuni punti del decreto, osserviamo che:
*        la non revocabilità della querela da parte delle donne offese è un’arma a doppio taglio. Potrebbe essere applicata in maniera responsabile solo se si garantisse concretamente alle donne che le violenze non continuino, ma questo può avvenire solo se viene finanziata e fatta crescere la rete di supporto alle donne in ogni momento del percorso di distacco.
*        l’inasprimento della pena di un terzo nei casi in cui le violenze vengano perpetrate da un coniuge/partner rispecchia la frequenza dei femminicidi che avvengono in ambito domestico, ma rischia di discriminare tutte le altre situazioni di violenza.
Osserveremo dunque con interesse il prossimo percorso del decreto, augurandoci che le istituzioni vogliano accogliere, insieme alle nostre, le osservazioni che giungono da tutto il mondo femminile e da numerose voci competenti. Non c’è possibile sconfitta della violenza di genere senza un ampio lavoro culturale, preventivo, educativo.

LE ADESIONI

1) SNOQ TIGULLIO
2) SNOQ CITTADELLA
3) SNOQ VENEZIA
4) SNOQ NAPOLI
5) SNOQ ANCONA 13 FEBBRAIO
6) SNOQ TORINO
7) SNOQ ROMA
8) SNOQ SAN DONA'
9) SNOQ FACTORY
10) SNOQ BOLZANO AA EIZ
11) SNOQ LODI
12) SNOQ LOMBARDIA
13) SNOQ FIRENZE
14) SNOQ CERVETERI
15) SNOQ SAN BENEDETTO DEL TRONTO
16) RETE DONNE SNOQ CREMONA
17) SNOQ SALERNO
18) SNOQ LIVORNO
19) SNOQ PORDENONE
20) SNOQ TERAMO
21) SNOQ OSIMO
22) SNOQ REGGIO CALABRIA
23) SNOQ UDINE
24) SNOQ CAVA DE' TIRRENI
25) SNOQ CAGLIARI
26) SNOQ MASSA
27) SNOQ VALLO DI DIANO
28) SNOQ CUNEO
29) SNOQ PISA
30) SNOQ CHIETI
31) SNOQ SAPRI
32) SNOQ PULSANO
33) SNOQ CESANO MADERNO (MONZA BRIANZA)
34) SNOQ LA SPEZIA
35) SNOQ SANITA’
36) SNOQ MANTOVA
37) SNOQ PIOLTELLO
38) SNOQ TRENTINO
39)COMITATO DONNE MOGLIANO VENETO
40) SNOQ BIELLA
41) SNOQ SIENA
42) GRUPPO DONNE INFORMAZIONE


Contatti e info:

La viceministra Maria Cecilia Guerra parla all'Huffington Post: "Ecco quali cambiamenti vorrei introdurre"



Laura Eduati, L'Huffington Post  |  Pubblicato: 11/09/2013 
Non avrebbe potuto avvicinarsi all'ex fidanzata e invece, noncurante del decreto di allontanamento, un ventisettenne ha tentato di far esplodere l'appartamento della donna che lo aveva lasciato. Il caso di violenza di genere accaduto oggi a Civitavecchia sembra dare forza alle argomentazioni, espresse con forza dalle associazioni di settore, secondo le quali il decreto femminicidio ora in esame alla Commissione giustizia della Camera è insufficiente a contrastare gli abusi nei confronti delle donne e, come ha espresso Snoq, “riduce la violenza sulle donne a un problema di ordine pubblico”. Secondo l'Associazione nazionale magistrati, che ricalca il parere negativo dei penalisti, è addirittura “incoerente con il sistema penale”.
Questo tiro al piccione contro un decreto fortemente voluto da Enrico Letta non piace per nulla a colei che ha preso in mano le redini del Dipartimento per le Pari Opportunità, la viceministra al welfare Maria Cecilia Guerra. Finora rimasta in silenzio a studiare le deleghe ricevute dopo le dimissioni di Josefa Idem, ora vuole far sentire la propria voce: “Sono sul fronte insieme con coloro che vogliono combattere la violenza di genere e voglio centri antiviolenza in tutta Italia. Se il dl femminicidio presenta incongruenze, si può cambiare”. E anticipa il contenuto degli emendamenti che vuole presentare: “Nessun affidamento dei figli agli uomini che si sono macchiati di violenza di genere”. Mentre sul sessismo dei media ha un'idea precisa: “Rivedere la conduzione dei programmi televisivi: troppi uomini”.
Viceministra Guerra, secondo i suoi detrattori il dl femminicidio punta soltanto sulla repressione penale e non sulla prevenzione della violenza contro le donne. Cosa risponde?
Il decreto è aperto a cambiamenti e miglioramenti, e se vi sono incongruenze naturalmente potranno essere corrette in Parlamento. Si tratta di un primo importante intervento governativo e spero non rimarrà l'unico. Per questo invito a considerare i suoi innegabili aspetti positivi: per esempio per la prima volta nell'ordinamento italiano si introduce la definizione della violenza di genere secondo le indicazioni della Convenzione di Istanbul.
Molti lo leggono però come “poliziesco” e dunque inadatto a comprendere un fenomeno soprattutto culturale.
A coloro che pensano che contenga soprattutto un aspetto repressivo rispondo che invece la maggioranza delle disposizioni riguardano la prevenzione: la possibilità di arresto in flagranza per gli stalker, l'allontanamento immediato dall'abitazione della persona accusata di maltrattamenti, l'obbligo di avvisare sull'andamento del processo la vittima che ha denunciato affinché possa prendere contromisure legali o di sicurezza, ecco, tutte queste misure tendono a tutelare le donne prima che accada qualcosa di irreparabile.
Eppure, come nel caso di Civitavecchia, un ordine di allontanamento può essere facilmente eluso. Cosa ne pensa?
Il limite tra situazione di rischio e situazione fuori controllo è molto difficile da tracciare all'interno della violenza di genere ma sono convinta che il dl femminicidio aiuterà maggiormente le vittime grazie alle misure che ho appena elencato. Per esempio la possibilità di revocare il porto d'armi ad uno stalker è sicuramente positiva. Così come è positiva l'introduzione nel codice di procedura penale dell'obbligo di avvisare la denunciante quando il violento esce dal carcere o gli viene revocato l'ordine di allontanamento: in questo modo la vittima può premunirsi anche dal punto di vista legale.
Un altro aspetto controverso è il fatto che una denuncia per stalking sarà irrevocabile. Non rischia di indebolire ulteriormente le donne?
È la stessa Convenzione di Istanbul, ma anche le raccomandazioni internazionali, a prevedere che la vittima di violenza di genere debba avere un supporto giuridico di questo tipo. Sappiamo che molto spesso le denunce vengono ritirate perché le vittime subiscono ritorsioni e minacce da parte dei denunciati, oppure vivono una situazione di fragilità psicologica che può spingere a ritenere poco gravi questi reati. E peraltro prima della denuncia vera e propria per stalking è possibile chiedere un ammonimento allo stalker, e infine la vittima ha a disposizione 6 mesi per pensarci prima di compiere il passo decisivo.
Quali cambiamenti apporterebbe al decreto?
Personalmente presenterò degli emendamenti affinché nei casi di separazione non vengano affidati i figli ai genitori, spesso uomini, che si sono macchiati di maltrattamenti famigliari e violenze.
Nel dl femminicidio soltanto l'ultima parte del provvedimento è dedicato al Piano nazionale antiviolenza. Perché?
L'ho voluto fortemente. Contiene quelle misure che sono invocate specialmente dalle associazioni impegnate contro la violenza sulle donne e che ritengo siano fondamentali: la formazione delle forze dell'ordine e degli operatori sanitari, progetti educativi nelle scuole per insegnare ai ragazzi il rispetto nelle relazioni sentimentali, maggiore supporto finanziario ai centri anti-violenza.
Il decreto però non stanzia fondi per questi progetti, che rischiano dunque di rimanere sulla carta.
La definizione del Piano non prevede maggiori oneri per la finanza pubblica, ma quello che maggiormente importa sono i singoli progetti che nasceranno dal Piano e per i quali mi batterò affinché abbiano i fondi necessari che per il momento sono davvero esigui. Non vorrò finanziamenti una tantum ma fondi strutturali e allo stesso tempo cercherò di indirizzare questi fondi in modo che sul territorio, ovunque in Italia, possano esistere delle strutture adatte ad aiutare concretamente le vittime di violenza. Ci vorranno anni, sto parlando di un obiettivo di lungo respiro, e per questo voglio coinvolgere le amministrazioni locali per mettere in comune le buone pratiche. Parteciperanno tutte quelle amministrazioni, dalle asl alle forze di polizia, che dovranno mettersi in rete, mettere in comune le proprie banche dati, insomma creare un sistema: è per esempio l'ordine del giorno del prossimo incontro, lunedì, con la task force interministeriale creata da Josefa Idem.
La task-force interverrà anche sulla regolamentazione dell'immagine della donna nei media?
Un gruppo di lavoro è dedicato a questo tema, che in fondo riprende un tavolo messo in piedi a suo tempo da Elsa Fornero. Penso sia fondamentale e agiremo con un sistema di autoregolamentazione dei media, perché il problema non è soltanto l'immagine sessista ma anche la ruolizzazione della donna, spesso presentata come casalinga o valletta muta. Ad esempio ritengo necessario rivedere la conduzione dei programmi televisivi, troppo spesso affidati a uomini. Ci deve essere parità.