mercoledì 30 ottobre 2013

E' nata la piattaforma digitale "snoq3.0"


E' nata la piattaforma digitale "snoq3.0", un luogo aperto a tutte le donne e uomini che vogliano partecipare alle discussioni e alla costruzione di progetti che hanno alla base i temi di Snoq espressi nella nostra carta d'identità, uno "strumento" capace di farci dialogare quotidianamente da tanti posti differenti sui temi che ci stanno a cuore. Per iscriverti e partecipare basta andare su http://senonoraquando.ning.com/?xgi=0ecnZ0ihnqzxHR , completare l'iscrizione, e poi ricollegarti in qualsiasi momento all'indirizzo http://senonoraquando.ning.com/. Se partecipi, puoi a tua volta invitare le amiche e gli amici a contribuire inviando loro il link di iscrizione (http://senonoraquando.ning.com/?xgi=0ecnZ0ihnqzxHR).

Vieni a sperimentare questo nuovo modo di comunicare insieme a tutte e tutti coloro che condividono la libertà, la forza e l’autonomia delle donne in tutti i campi; il coinvolgimento delle diverse associazioni di donne e delle organizzazioni professionali delle donne; l’adesione a titolo personale delle donne dei partiti e dei sindacati; la pluralità politica, culturale e di credo; l’esplicita attenzione alle giovani e ai giovani; l’utilizzo di un linguaggio trasversale e plurale nella comunicazione.

I comitati territoriali che lanciano la sfida digitale: Snoq Genova, Snoq San Donà di Piave, Snoq Ancona, Snoq Riviera del Conero

martedì 29 ottobre 2013

Sondaggio mappatura comitati SNOQ

Pubblichiamo i risultati del sondaggio di mappatura dei comitati Snoq realizzati da Eva Provedel (comitato Snoq Genova) in occasione dell’incontro di coordinamento del 13-14 luglio, e presentati all’assemblea generale di Senonoraquando il 26-27 ottobre. Ecco la sintesi con i grafici: sondaggio mappatura 2013: https://drive.google.com/file/d/0B26N-iuuOITJSWJfd01JV1dvcWs/edit?usp=sharing . Il sondaggio mette in evidenza quanti sono i comitati attivi, come si organizzano e quale forza e impatto hanno, insieme, sul territorio. Tra giugno e ottobre hanno risposto 60 comitati attivi di tutta Italia. Ecco la lista dei comitati rispondenti aggiornata al 5 ottobre: https://drive.google.com/file/d/0B26N-iuuOITJMExmQzg1WW15U3c/edit?usp=sharing . Il questionario è online e resta aperto ai comitati Snoq che volessero entrare nella mappatura (si dà una risposta per comitato)  al seguente link: www.surveymonkey.com/s/7YJKPWZ 
Pubblichiamo anche il sondaggio nazionale del 2012, che era stato invece aperto alle singole e ai singoli appartenenti al movimento, che offre uno spaccato della composizione, delle sfide e dei temi comuni emersi nel 2012. Hanno risposto più di 700 aderenti al movimento. Ecco la sintesi con i grafici: https://drive.google.com/file/d/0B26N-iuuOITJeEhYVzJyaDlaY00/edit?usp=sharing

mercoledì 23 ottobre 2013

proposta su "modo di essere e di agire" del Triveneto per l'Assemblea Generale dei comitati SNOQ in Italia del 26-27 ottobre 2013



Dai Comitati Snoq Triveneto a tutti i comitati
Proposta nata all’incontro del 5 ottobre 2013
Comitati aderenti al Triveneto e che hanno partecipato alla stesura
Cittadella, Verona, Pordenone, Trentino, San Donà, Venezia, Vittorio Veneto, Padova, Udine e Mogliano Veneto, Rovigo e Bolzano.
(Altri comitati Triveneto in questa fase non attivi Belluno, Bassano, Ponte delle Alpi, Treviso, Vicenza, Trieste, Rovereto)
Carissime, condividiamo con tutte voi questa proposta, che nasce da una ricca e articolata discussione svoltasi sabato 5 ottobre. Le posizioni iniziali si sono modificate e arricchite nel corso del dialogo tra noi e speriamo possano essere utile spunto per l’assemblea che ci accingiamo a svolgere.
Nodi da sciogliere che abbiamo posto in discussione:
- livello territori: necessità di maggiore condivisione delle buone pratiche e delle iniziative in modo da fare sinergie, da aiutarci e sostenerci reciprocamente, quindi ottimo il trovarsi a livello regionale e simili per similarità di territorio, importante conoscersi.
- livello nazionale: punti più critici: 
·        rapporti con istituzioni
·        comunicazione interna
·        comunicazione esterna              
                                              di lungo periodo                                                                           quotidiana
Questi problemi dipendono dalla struttura e dai fini che daremo a Snoq quindi si chiede di anticipare al sabato la discussione su “chi siamo e chi saremo” e “quale organizzazione darci” per poi trattare la domenica la comunicazione e i temi su cui lavorare.

Punto 0:
Chiediamo al gruppo ODG di porre il sabato la discussione sul futuro che desideriamo dare a snoq e di conseguenza quale struttura esso debba avere e successivamente su quali temi agire. (punto già accolto)
I punti per noi essenziali per il futuro di Snoq sono:
1)  RISPETTO, linguaggio, e modalità di relazione interne. La nostra rete deve essere un luogo di confronto sereno, schietto, trasparente, solo così potremo restare movimento, aperto a chiunque decida di impegnarsi con noi nel rispetto della nostra carta d’identità in particolare per le e i più giovani.
2) Rivolgere lo SGUARDO  ai nostri comuni, o province, non sempre all’agenda dettata dai quotidiani  nazionali. I nostri messaggi devono arrivare a tutte quelle donne, uomini e ragazzi e bambini che nei nostri comuni sappiamo essere più lontani dai nostri temi.
2) Come il 13 Febbraio e come sul femminicidio vorremmo essere noi a DETTARE L’AGENDA. I nostri linguaggi, le nostre riflessioni, le nostre proposte, quando sono condivise e ben costruire sono in grado di essere dirompenti e di attrarre i media nazionali senza doverli rincorrere nei loro temi quotidiani.
 Non è necessario essere presenti su ogni urgenza, se ci sono temi che ci dividono dobbiamo avere il tempo di approfondirli. Sono preziose occasioni di crescita e confronto nei nostri comitati, ma molte di noi sono alla prima esperienza politica, nel senso più ampio del termine, quindi abbiamo bisogno di tempo e informazioni per maturare la nostra posizione, non vogliamo prendere decisioni senza la necessaria consapevolezza.
Possiamo lavorare in serenità, con una programmazione consona al coinvolgimento dei nostri territori. Quindi possiamo uscire con unità sui temi che hanno un consenso consolidato.
4) Stare sul LIVELLO CHE CI UNISCE.  Noi stiamo sopra le virgole. Il salto di qualità della nostra proposta, es il 13 tema dignità univa tutte, donne che ad un livello più dettagliato si sarebbero divise su come dare dignità alle donne ma sulla necessità di farne una questione urgente su cui impegnare il Paese eravamo d’accordo tutti e tutte. Siamo contro i femminicidi, se non concordiamo sul come risolvere il problema stiamo al livello superiore.
5) Lasciare il livello del CONFLITTO SULLE VIRGOLE e sulle diverse posizioni dei partiti a chi ne fa parte. Noi siamo un movimento ma anche una rete, possiamo attendere che parte di questa rete, le parlamentari ad esempio, si scontrino anche duramente tra loro in Parlamento, ed attendere l'esito per lavorare su quello che di buono la loro elaborazione porterà, se non convergeranno in Parlamento troveremo noi da fuori, fuori anche dalle loro dinamiche, il modo di ricondurre ad un livello più alto e più forte di unione. Non vogliamo diventare la piazza di questo o quel partito. Quindi non siano loro a portare noi nella mischia, ma noi a portare loro in piazza tutte insieme, come il 13.
6) Alla proposta avanzata da Snoq libere di settembre di essere comitati FEDERATI tra noi, poniamo TRE riserve:
- il logo, con il nome del singolo comitato specificato, possa essere liberamente utilizzato dal singolo comitato, nel rispetto della carta d'identità e dei temi decisi dall'assemblea nazionale.
- non vogliamo trovarci “tirate” dai due comitati ex cp, la federazione riconosce pari valore a tutti i comitati ed alle loro iniziative.  esempi o Torino, ottimo lavoro su scuola, quindi ripartire dai comitati territoriali e da quello che stanno facendo.
- L’UNANIMITA’ non deve essere un pretesto perché ognuno abbia facoltà di veto, ma deve essere l’approccio con cui ci relazioniamo tra noi, non cercare tra noi una sintesi di posizione molto diverse, ma ASTRAZIONE al livello che ci unisce, esempio: Dignità non era il minimo comun denominatore, ma la PIU’ ALTA FORMA DI CONVERGENZA. Lo traduciamo in “TENDENTE ALL’UNANIMITA’ “.
7) TENDERE ALL’UNANIMITA’ come approccio e metodo di confronto tra noi. Non vogliamo che i comitati vengano tirati ad accettare, con più o meno urgenza, adesioni a temi conflittuali.
Per fare questo la volontà di tutte deve essere di voler capire ed incontrare le posizioni in campo per capirle, per aprire la porta a chi la pensa diversamente. Questo per noi è il modo per arrivare al livello che ci unisce.
Quindi no alla conta su ogni comunicato stampa. No a prove di forza con i numeri, il nostro stile deve essere diverso. Se emergono conflitti è segno che abbiamo bisogno di più tempo per lavorare insieme ad alzare il livello del nostro intervento.
8) Non siamo TUTTOLOGIA, siamo una rete, a volte parti di questa rete è giusto agiscano da sole in connessione con noi ma è a volte più efficace e per noi meno disorientante se ad agire sono solo parti della rete. Es di “Isolina e..”
9) Siamo un MOVIMENTO, non desideriamo strutturarci come siamo un partito o un sindacato, siamo sempre aperti a nuovi comitati come lo siamo a nuove aderenti ad ogni comitato, non temiamo i numeri perché non parte da lì il nostro modo di confrontarsi.

In estrema sintesi:
·         rispetto reciproco in primis
·         o.d.g.: chi siamo e come intendiamo organizzarci sono temi prioritari
·         federazione con correzioni
·         il lavoro sul territorio deve tornare protagonista del confronto tra noi, sguardo ai territori, sinergie con gli altri comitati.
·         evitare lo scontro, stare al livello che ci tiene insieme ed elaborare bene prima di uscire, stare sul livello comune.
·         lavorare sul linguaggio.
·         Mantenere semplicità e trasparenza per restare movimento, per essere accogliente per le giovani.

Ci vediamo a Roma!
Comitati snoq Triveneto

sabato 19 ottobre 2013

L'omaggio di Milano a Lea Garofalo. Don Ciotti: "Oggi la verità è giustizia"


 

L'omaggio di Milano a Lea Garofalo.  Don Ciotti: "Oggi la verità è giustizia"
(lapresse)
Tanti cittadini in piazza Beccaria per ricordare la testimone di giustizia uccisa dalla mafia. Durante la cerimonia viene letto il messaggio che la vittima scrisse a Napolitano: "Abbiamo bisogno di aiuto". Il messaggio della figlia Denise, costretta a vivere nascosta

Piazza Beccaria gremita di persone. Tremila bandiere fucsia, gialle e arancioni - i colori di Libera, l'associazione presieduta da don Luigi Ciotti - con il volto giovane e sorridente della ex collaboratrice di giustizia Lea Garofalo e la scritta 'vedo, sento parlo'. E tanti, tantissimi mazzi di fiori, degli stessi colori delle bandiere, in un'onda colorata che per una mattinata ha rotto il grigiore del cielo sopra Milano e insieme ha fatto da sfondo a una cerimonia che ha voluto lanciare un messaggio preciso per affermare, usando le parole di don Ciotti, che "la verità è giustizia".

Un delitto con quattro colpevoli. La città ha reso l'ultimo omaggio a Lea Garofalo, la giovane donna che ha trovato il coraggio di collaborare con la giustizia, denunciare quel contesto di 'ndrangheta in cui era vissuta e che per questo, proprio a Milano, ha trovato la morte: il 24 novembre del 2009 Lea e' stata separata dalla figlia, rapita, interrogata, uccisa e bruciata. Quel che resta di lei, 2.800 frammenti ossei, sono stati recuperati lo scorso anno in una buca nel quartiere monzese di San Fruttuoso. Per il suo omicidio sono state condannate all'ergastolo quattro persone fra cui Carlo Cosco, il suo ex compagno e padre di sua figlia Denise.

Il verbale dell'orrore / L'ultima passeggiata di Lea

Il saluto della figlia Denise. A volere che il funerale della madre si tenesse a Milano è stata proprio Denise, che oggi ha 22 anni e che ancora vive sotto protezione. Ospitata per motivi di sicurezza nella palazzina comunale che ospita il comando della polizia locale, Denise non ha perso un attimo della celebrazione che ha commosso centinaia di persone ed è intervenuta in prima persona, dietro una balconata, per dire "ciao mamma". Facendo risuonare la sua voce in tutta la piazza, in un breve addio insieme orgoglioso e straziante, la ragazza ha salutato i presenti: "Ciao a tutti e grazie di cuore di essere venuti qui. Per me è un giorno triste ma la forza me l'hai data tu, mamma. Se è successo tutto questo è stato solo per il mio bene".

Il diario di Lea. Nel corso della cerimonia intervallata da brani amati da Lea Garofalo e scelti da Denise per questa occasione, fra un I tuoi occhi sono pieni di sale di Rino Gaetano, Gli angeli di Vasco Rossi, L'ombra della luce di Franco Battiato e Ave Maria di Fabrizio De Andrè, sono stati letti alcuni brani del diario che Lea Garofalo teneva. Il 19 agosto 1992 annotava: "Ho scritto tutto quello che ho sentito, che mi dicono. Non ho scritto quello che penso. Della mia vita non gliene frega niente a nessuno e sono sola. Oggi però ho una speranza: è Denise, mia figlia. Lei avrà tutto quello che io non ho mai avuto nella vita".

La lettera al presidente Napolitano. Lea aveva scritto anche al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ma il suo messaggio non è mai stato spedito. Era questo: "Sono un mamma disperata, allo stremo delle sue forze. Oggi mi trovo con mia figlia lontana da tutto e da tutti. Sono sola. Ho perso tutto. Sapevo a cosa andavo incontro e ora non posso cambiare il corso di questa mia triste storia. Con questa mia richiesta di aiuto vorrei che lei rispondesse alle decine di persone che si trovano nelle mie stesse condizioni. La prego ci dia un segnale di speranza. Abbiamo bisogno di aiuto". Nel messaggio non si firmava, ma si definiva "una giovane madre disperata".

Don Ciotti e il sindaco Pisapia. "Lea è ancora viva, non è morta", dice don Ciotti. E il suo feretro, al centro di un grande palco circondato da numerosi gonfalonide l Comune e della Provincia di Milano, della Regione Lombardia, del Molise, di Cormano, Bellusco e altre località ancora è diventato un "simbolo antimafia" di una tale forza da zittire, al suo arrivo, un'intera piazza di migliaia di persone pronte a esplodere in un applauso quando il feretro se ne va, trasportato dal sindaco Giuliano Pisapia, da don Ciotti, da Mario Calabresi, Nando Dalla Chiesa e da due parenti di vittime.

"Dobbiamo cercare la verità". "Oggi non basta parlare di verità, dobbiamo cercarla. La verità è la giustizia di cui abbiamo bisogno", dice don Ciotti dal palco. Lea Garofalo, prosegue, è "una martire della verità, una testimone della verità". Un simbolo attraverso il quale il sacerdote può rivolgersi "ai tanti giovani inghiottiti dalle organizzazioni mafiose" per cercare "la verità. Noi non vi lasceremo soli. Lea ha deciso di rompere il silenzio e l'ingiustizia. Il tuo cuore e la tua coscienza - aggiunge don Ciotti rivolgendosi al feretro di Lea Garofalo - sono sorgenti di libertà". E ancora: "Lea, hai seguito la tua coscienza per rompere un codice di odio e di mafiosità. Hai condotte con le tue piccole, grandi forze la tua scelta di libertà. Lea, hai visto, sentito e testimoniato".

"Non è stato un incidente". "Non è stato un incidente a causare la morte di Lea - ha ricordato dal palco il sindaco Pisapia - Non è stata una malattia: è stata la violenza di alcuni uomini, di quelli che gli erano più vicini. Lea ha voluto uscire dalla gabbia che la teneva prigioniera, sapeva che rischiava tutto, nonostante questo ha avuto il coraggio di ribellarsi. Una donna che è un esempio per tutti, soprattutto per i giovani. In passato troppe volte si è detto, anche qui, 'non vedo non sento non parlo'. Oggi diciamo ad alta voce 'vedo sento parlo', come si legge nelle bandiere che hanno riempito piazza Beccaria. La figlia di Lea, Denise, ha voluto che la cerimonia si tenesse a Milano. La città - ha aggiunto Pisapia - in cui Lea ha cercato un futuro migliore e dove ha trovato il coraggio di diventare testimone di giustizia".

venerdì 11 ottobre 2013

Un nuovo modello di sviluppo scritto dalle donne


DONNE IN PIAZZA: 'SE NON ORA QUANDO', RIPRENDIAMOCI POLITICA di Vanna Palumbo – da Giulia.globalist.it 6 ottobre 2013
La Costituzione parla delle donne: ma non è questo il tempo di chiederne il pieno adempimento? Il tempo di riscrivere le regole della vita sociale
Partiamo dal cuore del problema: una nuova strategia di riconoscimento del ruolo, della dignità, del diritto ad una cittadinanza piena delle donne deve forse passare per quella ‘Rimozione degli ostacoli’ che la nostra Costituzione evoca all’articolo 3.
Lo stesso con cui la Carta fondamentale sancisce il principio d’uguaglianza, il più celebrato dei suoi articoli. Ma per una volta, non il suo primo comma, che stabilendo il principio di uguaglianza formale, rimane il più invocato dai cittadini ed il riferimento costante degli uomini di legge.
Rimuovere gli ostacoli è il dovere che alle istituzioni viene assegnato dal Costituente nel secondo comma: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Non parla solo di noi, delle donne. Ma certamente parla anche di noi. Di quella sorta di occulta segregazione in cui siamo ancor più scivolate negli anni bui di questa nostra seconda Repubblica.
Può essere allora questo il faro che fuga le ombre che avvolgono le politiche women oriented, ammantate da quel politically correct che ha ammesso il solo strumento delle pari opportunità? Può essere questa la bussola per orientare la lunga, ininterrotta marcia dei movimenti vecchi e nuovi verso più avanzati traguardi di parità sostanziale sul modello europeo?
Se questo è il compito della Repubblica nata nel ’48 e dovere delle sue istituzioni, se lo è ancora nel terzo millennio, è diritto prima di ogni altro delle donne stesse, di tutte le donne, sollecitarne l’adempimento.
Di quante a partire si ritrovano a Paestum per ragionare della ‘Rivoluzione necessaria’ , di quante il 26 del mese saranno a Roma per l’Assemblea generale di Se non ora, quando?, delle donne delle associazioni.
E se la prospettiva d’inversione del lungo e critico ciclo economico che ha minato la coesione del Paese fosse reale, se nel futuro prossimo si potesse motivatamente nutrire fiducia nella ripresa di un processo di sviluppo prima di tutto civile, se risultassero credibili le previsioni degli analisti che la fine della congiuntura economica peggiore del mondo postmodermo non lascerà le cose come stanno, non dovremmo anche noi donne interrogarci su come debba trasformarsi questo Paese perché diventi anche finalmente un paese per donne?
Pensare a quale modello di sviluppo, maturare una nuova idea di società, ragionare su una più umana qualità della convivenza civile, su come riscrivere un nuovo patto fra generazioni, fra uomini e donne, fra garantiti e non, fra inclusi ed esclusi, fra cittadini e quanto tali non sono riconosciuti?
Se la risposta è sì, gioverà che ogni segmento del movimento delle donne ridisegni un suo particulare progetto? O non è forse più produttivo che, superando sterili antagonismi, separatismi datati, esaltazioni di differenze quando non parossistiche ricerche e rivendicazioni identitarie, le donne scommettano sulla propria prorompente potenziale forza di cambiamento per spingere nella direzione voluta?
Le donne e le loro forme aggregate producono giornalmente una encomiabile mole di elaborazioni, di pensiero critico, di analisi raffinate e di proposte concrete. Ma, ammettiamolo, con scarsa incidenza sul pesante gender gap che rifila all’Italia la coda di qualunque classifica e senza sortire l’effetto di rimuovere gli ostacoli alla loro effettiva partecipazione alla vita politica e sociale del Paese, e, dunque, alle scelte fondamentali.
Il volto del Paese deve cambiare profondamente, ce lo diciamo ogni giorno, e questa mutazione non potrà aver luogo senza di noi! Ma dobbiamo volerlo. Proprio come avvenne nel fortunati anni ’70, la stagione del più lucido e coraggioso protagonismo delle donne che sul piano dei diritti politici, civili, sociali e della famiglia ha cambiato l’identità della nazione.
Se le donne fossero unite, se le donne potessero misurare in un progetto comune, rivoluzionario la potenza della loro creatività, se le donne riuscissero a percepirsi, pur nella pluralità e nel valore delle differenze, come una comunità non riconosciuta, quando non negata…
Se le Donne con la D, le Donne che marciano in gruppi, in associazioni, in movimenti, spingendo o trainando tutte a non avere paura, a rivendicare la propria soggettività, a farsi riconoscere, quelle Donne che parlano di noi e per noi….
Ecco: se quelle Donne scegliessero di rimuovere l’ostacolo autoimposto della loro frammentazione e si sfidassero per progettare insieme quella democrazia matura, inclusiva, giusta che dovrà delinearsi una volta dissolto l’incubo della crisi economica, evolutasi nel frattempo in crisi democratica e civile, allora la parola cambiamento si potrà spendere in tutta onestà.
All’appello simbolico delle giovani generazioni, la cui prevalente distanza dai movimenti costituisce quel limite alla naturale staffetta dell’impegno femminista, verso quelle ragazze che oggi non pongono domande sull’identità di genere ma che si proiettano preoccupate nel loro futuro di adulte, potremmo non avere alibi. Potremmo dover rendere conto della nostra credibilità e della miopia politica, di non aver saputo cogliere l’occasione della trasformazione. Perchè divise, troppo divise!
La contaminazione è possibile, urgente, si può sperimentare con l’espressione originale di un modo libero di guardare al futuro, di cercare il futuro, di costruire una visione. In un work in progress che non è vergare insieme pagine bianche con parole che appaghino il desiderio della trasformazione. Ma un’idea forte, irresistibile che faccia da sfondo e che si irradi in un protagonismo fresco, coraggioso, solidale delle donne, nelle loro elaborazioni, nella loro iniziativa politica e culturale.
E se, sorprendendoci e rivoluzionando ogni cosa dell’umana vita, è papa Francesco a voler esaltare nella Chiesa “la donna e la sua dignità”, lasciamoci stupire anche da noi stesse e, nel rispetto delle nostre diversità, inauguriamo un nuovo inizio. Proviamoci, gioiosamente, come ci piace. È proprio nell’Elegia della Gioia infatti che Muriel Rukeyser incoraggia: “bisogna curare gli inizi, coltivarli. Perchè non tutte le cose sono sacre, ma i semi di ogni cosa lo sono”.